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Quand’è possibile il recupero dei dazi non riscossi?

lentepubblica.it • 28 Settembre 2015

dazi doganaCon la sentenza 7561/2015, la Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione della normativa doganale, comunitaria e nazionale, che disciplina il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di recupero a posteriori di dazi non riscossi. In particolare, il riferimento è alle disposizioni, rispettivamente, dell’articolo 221, n. 3 e n. 4, del codice doganale comunitario, istituito con il regolamento (Cee) n. 2913/92, del 12 ottobre 1992, e dell’articolo 84 del Testo unico della legislazione doganale (Tuld), emanato con Dpr n. 43/1973.

 

Oggetto della controversia era la legittimità degli avvisi di revisione dell’accertamento emessi dall’Amministrazione doganale, ai fini del recupero dei dazi evasi, a seguito di comunicazione dell’Olaf relativa a falsi certificati Agrim allegati alla dichiarazione doganale presentata all’atto dell’importazione. Al riguardo, l’Amministrazione doganale aveva impugnato la sentenza di merito, confutando le conclusioni del giudice di seconde cure, che aveva ritenuto estinta la pretesa fiscale esercitata dall’Amministrazione per intervenuta prescrizione dell’azione di accertamento, in conseguenza del decorso del termine triennale previsto dal citato articolo 221 del regolamento n. 2913/1992. Secondo l’Amministrazione ricorrente, la conferma della falsità dei predetti certificati produrrebbe, invero, l’effetto di consentire la revisione a posteriori dell’accertamento dei dazi doganali evasi anche oltre il suddetto termine triennale di prescrizione.

 

È utile preliminarmente ricordare, al riguardo, che l’articolo 221, n. 3, prima frase, del codice doganale – applicabile alla fattispecie concreta ratione temporis – introduce una regola di prescrizione in base alla quale, in via di principio, la comunicazione dell’importo dei dazi all’importazione o all’esportazione da pagare non può più essere effettuata dopo la scadenza del termine di tre anni a decorrere dalla data in cui è sorta l’obbligazione doganale (in questi termini, si veda la costante giurisprudenza comunitaria e, in particolare, le sentenze: 23 febbraio 2006, causa n. C-201/04; 16 luglio 2009, causa n. C-124/08 e C-125/08; 17 giugno 2010, causa n. C-75/09); l’articolo 221, n. 3, seconda frase, del medesimo codice doganale stabilisce, inoltre, che detto termine di prescrizione è sospeso a seguito della presentazione di un ricorso e per la durata del relativo procedimento.

 

A titolo di eccezione rispetto alla regola summenzionata, tuttavia, l’articolo 221, n. 4, del codice doganale comunitario dispone che, “alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti”, le autorità doganali possano procedere a tale comunicazione dopo la scadenza del termine di cui sopra, qualora dette autorità non abbiano potuto determinare l’importo esatto dei dazi legalmente dovuti a causa di un atto “perseguibile penalmente”.

 

Ciò posto, la Cassazione osserva che l’articolo 221, n. 4, non prevede di per sé alcun termine di prescrizione e nemmeno le cause di sospensione o d’interruzione della prescrizione applicabile; inoltre, come rilevato in proposito dai giudici europei, con il riferimento alle “condizioni previste dalle disposizioni vigenti”, l’articolo 221, n. 4, in parola opera un rinvio al diritto nazionale per il regime della prescrizione dell’obbligazione doganale, qualora tale obbligazione sorga a seguito di un atto che era, nel momento in cui è stato commesso, perseguibile penalmente.

 

Per quanto concerne il diritto italiano, a norma dell’articolo 84 del Dpr n. 43/1973, l’azione di recupero a posteriori dei dazi all’importazione o all’esportazione non può essere avviata – in via di principio – dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto o, se questa non ha avuto luogo, dalla data di insorgenza del debito doganale; nondimeno, la comunicazione al debitore dell’importo dovuto può avvenire anche dopo tale termine triennale – che è, pertanto, in tal caso prorogato – nella sola ipotesi in cui la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto costituente reato.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, la menzionata proroga del termine di prescrizione richiede pur sempre che, nel corso del termine in parola, e non dopo la sua scadenza, sia trasmessa all’autorità giudiziaria la notitia criminis, primo atto esterno prefigurante il nodo di commistione tra fatto reato e presupposto di imposta, destinato a essere sciolto all’esito del giudizio penale (cfr, in termini, la sentenza n. 5384 del 4 aprile 2012).

 

Come rilevato dai giudici di legittimità, nel caso di specie, nessuna notizia di reato, risultante da un atto trasmesso dall’Amministrazione all’autorità giudiziaria inquirente, secondo quanto statuito dalla giurisprudenza di questa Corte, risulta agli atti: ne discende che – come rilevato dall’impugnata sentenza, laddove riferisce che la contribuente aveva evidenziato, senza essere smentita sul punto dall’Amministrazione, la mancanza di un procedimento penale pendente per i fatti per cui è causa – manca del tutto agli atti una notitia criminis rilevante ai fini penali, secondo le regole dell’ordinamento nazionale alle quali, come dianzi detto, rinvia la giurisprudenza comunitaria.

 

Sulla base di tali premesse, la Cassazione ha concluso che, essendosi, nel caso concreto, le operazioni doganali perfezionate il 20 marzo 2000, con la presentazione in Dogana delle relative dichiarazioni, l’avviso di revisione dell’accertamento emesso solo in data 24 maggio 2005 deve essere considerato tardivo, come correttamente ritenuto dai giudice di appello.

 

Per completezza, si segnala che, con la circolare 25 marzo 2015, n. 3/D, l’Agenzia delle Dogane è recentemente intervenuta nella materia per prendere atto dell’ormai unanime e consolidato orientamento della Corte di cassazione e invitare gli uffici periferici ad abbandonare i contenziosi in essere, nei casi in cui il contribuente abbia eccepito in sede di giudizio il decorso del termine triennale e il giudice abbia, con la conseguente pronuncia, accertato l’intervenuta prescrizione.

Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate
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